
L’archeologia sta vivendo una trasformazione significativa, passando da una fase di digitalizzazione consolidata a una fase algoritmica fortemente influenzata dall’Intelligenza Artificiale (IA). Questo cambiamento radicale modifica le metodologie di ricerca, dotando di una capacità di simulazione cognitiva avanzata, ma richiede anche una consapevolezza critica approfondita.
L’IA offre vantaggi notevoli in termini di efficienza e scalabilità nell’analisi dei dati. Utilizzando algoritmi di deep learning e LIDAR, è possibile elaborare enormi volumi di dati, facilitando il rilevamento di siti e la programmazione di interventi conservativi con precisione senza precedenti.
Il contributo dell’IA si estende anche al piano cognitivo: le tecnologie di computer vision (come le reti neurali convoluzionali) identificano pattern significativi in reperti, mentre i modelli transformer migliorano l’accuratezza della datazione. L’approccio “human-in-the-loop” promuove una sinergia ibrida tra l’archeologo e la macchina, affinando i risultati e riducendo gli errori.
Tuttavia, il passaggio verso un’archeologia ad alto tasso di automazione comporta dei rischi. Il “determinismo dell’incantesimo” rappresenta il pericolo di affidarsi eccessivamente agli output algoritmici, portando a interpretazioni dogmatiche basate su dataset parziali o influenzati da pregiudizi culturali e coloniali, i cui racconti distorti sono difficili da eliminare.
Un aspetto cruciale è la trasparenza delle tecnologie. Le reti neurali profonde spesso operano come “scatole nere”, rendendo difficile la tracciabilità e la validazione scientifica dei risultati, aspetti fondamentali nell’archeologia. Inoltre, la creazione di dataset di alta qualità richiede ingenti risorse, ampliando il divario tra le istituzioni.
La riflessione etica è essenziale: l’automazione di decisioni interpretative influenza la narrazione storica e l’identità culturale delle comunità. La domanda centrale non è solo l’uso tecnico, ma come si desidera che l’IA contribuisca alla comprensione del passato. Inoltre, la questione della sostenibilità, legata agli alti consumi energetici per l’addestramento dei modelli, potrebbe amplificare le disuguaglianze internazionali, penalizzando i ricercatori con risorse limitate.
In sintesi, per raggiungere una maturità algoritmica, l’archeologia deve superare l’entusiasmo acritico. È cruciale potenziare la collaborazione interdisciplinare (tra informatici, archeologi, eticisti, etc.) per sviluppare protocolli di ricerca condivisi. Solo così il potenziale computazionale potrà interagire in modo sostenibile e responsabile con la sensibilità umanistica, garantendo una conoscenza che unisca precisione analitica, profondità storica e consapevolezza del contesto.
